lunedì 12 dicembre 2011

l'inutilità dell'esser giovani oggi. non lavori e se trovi lavoro non vieni pagato. non c'è modo di uscirne, solo di incaponirsi ed arrabbiarsi.

lunedì 5 dicembre 2011

uccidimi lentamente, uccidimi.
perchè talvolta sento un male dentro che non se ne viene fuori.
talvolta starei nel mio bozzolo, zitta zitta, in silenzio, senza nessuno.
come se fuori ci fosse una bufera di neve e io fossi chiusa dentro in una casetta. zitta zitta.
in silenzio.
non ho voglia di sentire, di ascoltare, di capire.
voglio stare davanti ad un fuoco, in silenzio, zitta zitta, senza respirare, non ho voglia di nessuno. voglio un sospiro, voglio sentire il male, voglio solo essere lasciata in pace. zitta zitta.
in silenzio.
io non voglio dar fastidio a nessuno, lasciatemi nel mio bozzolo.

potete farlo?
per favore?
alle volte le voci risuonano nella mia testa, fanno male, tutti dicono qualcosa, e io non voglio ascoltare.
mi lasciate in pace voci?
mi fate sentire la bufera?
quella bufera che quando finisce non lascia un suono, quella che copre tutto di neve che il rumore dei passi fa cracsk.
lasciatemi stare, per una volta.
voglio rannicchiarmi sotto la doccia calda bollente e sciogliermi, il pensiero mi dice, sciogliti, vai giù.

poi non succede, mi asciugo una lacrima, respiro, mi calmo e zitta zitta, in silenzio ricomincio.
perchè così si deve fare.

mercoledì 9 novembre 2011

non si è mai abbastanza arrivati in fondo da permettersi di non guardar indietro. è che se inciampi mentre sbirci dov'eri è un casino.

giovedì 6 ottobre 2011

talvolta penso sia stanchezza, altre volte necessità di isolamento.
io voglio stare qui, nel silenzio della mia stanzetta in eterno, a crogiolarmi nel mio niente cosmico.
lo desidero, perchè l'indifferenza, il cinismo e il non rapportarmi all'altrui mondo mi permettono di non essere stanca e intollerante.
e allora resto qui, al buio e a piedi nudi a sentirmi e ascoltarmi.

domenica 2 ottobre 2011


è tanto che son latitata, forse, ipotizzo, non avevo il tempo per pensare.
forse son cresciuta e stavo rischiando di dar meno retta ai miei pensieri.
per fortuna talvolta ritorno incagliata qui, tra il dire ed il fare, non sapendo che via guardare, perdendomi con il navigatore.
è ottobre, e mi sento stanca come fosse marzo, prima delle vacanze.
è ottobre e fa caldo, quel caldo che ancora appiccica, che per noi amanti del gelo, non fa che rovinar le giornate.
è ottobre e mamma s'è ripresa, o così pare.
s'affronta tutto, come sempre.

talvolta i pensieri corrono a chi non c'è più e chissà cosa vorrebbe dire, poi si guarda chi si ha la fortuna di aver qui e allora si pensa che si stava pensando troppo.

io sto bene, perlomeno mi son resa conto che lamentarsi non serve e che l'acidità non risolve i miei problemi di noia.
sarò incattivita, forse, tra l'età, la dieta e l'assenza della nicotina ma qui talvolta mi verrebbe da sfancular con tutti.
cosa non vietata ma autolimitata per non superar certe dosi giornaliere.

sicchè torno qui, e sorrido, pensando alle mie masturbazioni mentali che periodicamente necessito di vomitar sul web.
emmenomale, se le vomitassi altrove, sarebbe aprir vasi di pandora messi in fila indiana.

bien sure, je m'aime.


ma non solo me stessa, ho scoperto.

martedì 21 giugno 2011

se avessi soldi potrei far meglio molte delle cose che faccio.
ma non ne ho e debbo accontentarmi.

vaffanculo.

sabato 9 aprile 2011

ci sono solo banalità quando si parla di vita e di morte, ci sono solo banalità quando si parla di cose gravi che succedono.
si, sono stanca, si.
si, sono snervata, si.

bevo un cappuccino a sorsi alterni, fino a che si fredda completamente ed il disgusto che provo nel buttarlo giù lo stesso, preso alle macchinette di sto posto nel quale non vorrei essere ora.

penso a te, che sei laggiù intubato, in qualche modo, con un tot di tubicini che ti escono dal naso.
penso a te che se qui ma devi sbatterti per rimanerci, che noi non ti si può dare mica una mano.
penso a te, e a sto schifo di mondo, che ti mette lì, fermo immobile in balia di scelte non tue non nostre non di certo di un dio che non guarda cosa fa.

penso a quello che sono qui a pensare, nauseata da incubi e da paure, da sottili attese che un cellulare che vibra un attimo mi manda un brivido giù lungo la schiena e penso anche a quando stronza sia nel mettere sempre la mia vita lavorativa davanti e i miei affetti dietro, così da dire sempre gli altri poi.
e ora mi dico, gli altri quando.

penso che vorrei venire a scuoterti, a dirti cazzo cugi, muoviti, alzati, fai qualcosa, ripigliati cazzo.
vorrei prenderti a sberle se potesse servire.
vorrei potermi dare delle ragioni, perchè fondamentalmente non ne trovo e non ne voglio trovare.
perchè se questo fosse il giusto mi farebbe schifo. e già mi fa abbastanza schifo così.

i pensieri si sono sciolti in un grido di speranza quando ho visto la tua foto e mi si è sciolto il cuore. forza fra.
dai.


perfavore.